Omelia del Patriarca nella S. Messa solenne per la Festa del patrono S. Michele Arcangelo (Mestre / Duomo S. Lorenzo, 29 settembre 2024)
29-09-2024

S. Messa solenne per la Festa del patrono S. Michele Arcangelo

(Mestre / Duomo S. Lorenzo, 29 settembre 2024)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

 

Rivolgo un cordiale augurio a tutti i mestrini che riconoscono l’arcangelo san Michele come loro patrono; un augurio particolare alle donne e agli uomini della Polizia di Stato – che hanno in san Michele il loro protettore e la loro guida – e al Signor Questore di Venezia.

Saluto il Signor Sindaco, il Viceprefetto Vicario e tutte le autorità religiose – l’arciprete di S. Lorenzo e il cappellano della Polizia -, civili e militari qui presenti.

Vorrei ringraziare soprattutto chi, ogni giorno, sta in quei luoghi difficili dove la nostra società fatica in modo particolare. E perciò il nostro grazie alla Polizia di Stato è non solo per quello che fate ogni giorno per contrastare ma anche per creare una società in cui ci si possa intendere.

Viviamo un’epoca difficile, dove le incomprensioni e la mancanza di dialogo diventano presto conflitti e strumentalizzazioni. E poi ci sono dei veri crimini.

Siamo tutti rimasti colpiti dall’affermazione sconcertante, anzi… assurda, di un diciassettenne cultore ideologizzato di arti marziali che ha dichiarato: “Ho ucciso per sentire che cosa si prova a farlo!”. E tutto dopo un rapporto intimo con una quarantaduenne conosciuta in una chat, una donna che – per la differenza d’età – avrebbe potuto benissimo essere la madre di quel ragazzo. Ma qui, potremmo dire, siamo solo sulla punta dell’iceberg perché, da questo punto di vista, il telegiornale è un bollettino di guerra dove, veramente, la realtà supera l’immaginazione. Pensiamo anche ai medici che cercano di strappare alla morte alcuni pazienti e vengono aggrediti e addirittura sono costretti a chiudersi in una stanza per poi chiedere aiuto.

Non si può, però, cadere nel puro pessimismo e nella sola recriminazione, anche se certe volte l’ottimismo è solo di maniera. Ciò non sarebbe giusto e, soprattutto, non renderebbe giustizia a tanti atti di bene che vi sono anche tra molti giovani.

A quello squallido, efferato ed assurdo omicidio si oppone, infatti, il gesto di Giacomo, un giovane di 26 anni, che nella nostra città è stato protagonista di un gesto coraggioso, generoso, buono e di segno diametralmente opposto. Non si è voltato dall’altra parte. Giacomo ha sacrificato la sua vita per salvare una donna – maggiore di età rispetto a lui – che neppure conosceva e che chiedeva disperatamente aiuto! Questo è avvenuto pochi giorni fa sulle strade della nostra città.

Il male non è – e non deve essere – l’ultima parola nella nostra società. E noi abbiamo bisogno di tali gesti, come quello compiuto da Giacomo, per ricostruire una toponomastica dell’anima (l’anima ha le sue vie, le sue, strade, i suoi percorsi…) e costruire nuovi stili di vita, sapendo che ciò è possibile perché qualcuno, come Giacomo, ci ha detto che tali gesti si possono compiere.

La vita cristiana è sempre combattimento e lotta. Noi, a volte, siamo vittime di un ottimismo di maniera, perché è vero che il cristiano è l’uomo della speranza, l’uomo della carità, l’uomo del perdono, l’uomo della riconciliazione, l’uomo dell’accoglienza e l’uomo della fede ma la seconda lettura di oggi (cfr. Ap 12,7-12) ci dice che è anche l’uomo che combatte, che non si volta dall’altra parte e non cerca posti.

Il motto storico della Polizia di Stato è: “Sub lege libertas”. Due sostantivi: legge e libertà. I sostantivi non sono degli aggettivi o delle congiunzioni ma indicano, appunto, la “sostanza”. Legge e libertà: le due cose vanno insieme, altrimenti c’è la dittatura o l’anarchia. E nessuno può, in questo contesto, chiamarsi fuori.

Tanti nodi vengono al pettine perché non si può solo fare la doverosa opera di contrasto. Ma c’è anche qualcosa prima: la legge garantisce la libertà e chi dice qualcosa di contrario mente. Una legge senza libertà non è una legge umana e dove manca la libertà manca l’umanità e dove non c’è la legge c’è l’anarchia. E allora c’è un’altra legge, che è quella del più forte; ci sono tanti modi di essere forti oggi, anche attraverso le ideologie. Se non c’è la legge, quindi, pagano i più deboli.

Riflettiamo allora sulla seconda lettura che è stata proclamata ed è tratta dall’Apocalisse, l’ultimo libro della rivelazione cristiana. Parla di un combattimento: “Scoppiò una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme ai suoi angeli, ma non prevalse e non vi fu più posto per loro in cielo. E il grande drago, il serpente antico, colui che è chiamato diavolo e il Satana, e che seduce tutta la terra abitata, fu precipitato sulla terra e con lui anche i suoi angeli. Allora udii una voce potente nel cielo che diceva: «Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo, perché è stato precipitato l’accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte. Ma essi lo hanno vinto grazie al sangue dell’Agnello e alla parola della loro testimonianza, e non hanno amato la loro vita, fino alla morte. Esultate, dunque, o cieli e voi che abitate in essi” (Ap 12,7-12).

Quando in una società non c’è più posto per Dio oppure Dio diventa qualcosa di privato (ecco il laicismo, mentre un popolo ha diritto di esprimere la propria fede e non di imporla), quando si toglie il “problema” di Dio (ai ragazzi dico: leggete e studiate bene Nietzsche, ma per andare oltre Nietzsche) o si gioca a “fare Dio”, è molto pericoloso perché, prima o poi, qualcuno si crederà davvero Dio ed eserciterà il potere con la forza.

La lettura di oggi termina qui ma poi il dodicesimo capitolo dell’Apocalisse va avanti – vi invito a leggerlo – e dice che questa battaglia, finita in cielo, si è trasferita sulla terra: “Ma guai a voi, terra e mare, perché il diavolo è disceso sopra di voi pieno di grande furore, sapendo che gli resta poco tempo” (Ap 12, 12b).

C’è un male che è superiore alle singole persone che fanno il male. C’è una realtà che supera le possibilità e le capacità delle singole persone; san Paolo parla di “mysterium iniquitatis” (cfr. 2Tes 2,7). Come si sono potute affermare in passato certe dittature? Andiamo a studiare bene la storia ma teniamo sempre conto che c’è un male che supera le singole persone.

Questo è il messaggio contenuto oggi nella figura di Michele il cui nome significa: “Chi come Dio?”. Il dramma delle nostre società e delle nostre persone è considerare Dio, quando va bene, una scelta personale e di coscienza che non deve arrivare ad ispirare una visione che, almeno, dica i limiti umani. Quando l’uomo non ha più limiti, però, succede l’indicibile.

Il testo dell’Apocalisse conclude la rivelazione cristiana ma c’è un altro testo che è all’inizio di questa rivelazione: è la Genesi, che richiamo qui solo brevemente nel passo in cui (cfr. Gen 3,14-15), subito dopo il peccato originale, mette da parte Dio e dà a Dio del mentitore.

Quando Gesù deve dire chi è il demonio non parla di corna, coda o forcone perché tutti questi sono modi per esorcizzare o banalizzare delle questioni fondamentali. Dice semplicemente: è il mentitore. Dove inizia una bugia? Io non devo dire tutto a tutti, ma quando comincio a non dire qualcosa di necessario in una determinata situazione che riguarda la mia vita allora lì cominciano le devianze.

Anche questo passo della Genesi parla di una lotta: “Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno»” (Gen 3,14-15).

La donna è la chiave fondamentale della salvezza cristiana: il Verbo si è fatto carne nel sì di una donna coinvolta in quell’evento di fede anche sul piano biologico e fisico.

Fintanto che non ci riconcilieremo con la vita anche nascente – sì, anche nascente – potremo chiederci se stiamo parlando onestamente di una pace? Perché noi vogliamo la pace per salvare le vite delle persone. E dove inizia la difesa della vita? Nel grembo materno.

L’arcangelo Michele è presentato come colui che raccoglie coloro che vogliono fare il bene, è questo il senso del patrono della città di Mestre, è il senso del patrono della Polizia di Stato.

Buona festa a tutti!