S. Messa alla Festa diocesana dei Ragazzi “Hope 2024”
(Jesolo Lido / Palaturismo, 14 aprile 2024)
Omelia del Patriarca Francesco Moraglia
Quanti sperano nel Signore camminano senza stancarsi (cfr. Is 40,30-31). Parlare della speranza a chi è nell’età dell’adolescenza non è facile, perché la vostra è l’età della speranza.
Sperare che cosa vuol dire? Essere ottimisti? Vedere sempre il bicchiere mezzo pieno piuttosto che vuoto? Saper cogliere prima degli altri le opportunità?
Io vi auguro di essere capaci di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno piuttosto che vuoto, di saper cogliere le opportunità e di essere persone ottimiste, ma la speranza di cui parliamo oggi, in questa giornata, va ben oltre questi atteggiamenti che sono certamente positivi.
L’esperienza che io faccio, soprattutto nella Visita pastorale, è che le domande che mi mettono più in imbarazzo sono quelle degli adolescenti oppure delle persone anziane.
Voglio, allora, parlare brevemente con voi, ma parlare in verità.
Quanti sperano nel Signore camminano senza stancarsi è una frase del profeta Isaia che, però, nello stesso passo, dice anche che gli adulti cadono ed inciampano e anche i giovani faticano e si stancano, ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono e non si stancano.
Ragazzi, il Paese dei Balocchi esiste solo nel libro di Pinocchio; la vita è impegno e, quindi, mettete in conto anche le cadute perché solo mettendo in conto la caduta possiamo pensare di rialzarci. Una vita facile, molte volte, non è una vita felice, lo può essere invece una vita in cui superiamo delle difficoltà. Pensate ad una gita in montagna con una meta impegnativa da raggiungere: quando si raggiunge la meta si vede il panorama a perdifiato ed allora tutta la fatica diventa gioia e soddisfazione.
Che cos’è la speranza? Noi dobbiamo parlarne cercando di legare l’evento dell’anno scorso – molti di voi li ho visti mentre ho visto qualcuno maggiore di voi alla GMG di Lisbona – a quello che abbiamo di fronte l’anno prossimo, ossia il Giubileo che ci chiamerà ad essere “pellegrini nella speranza”. Oggi questa giornata diocesana è tutta all’insegna della speranza.
Alcuni verbi caratterizzano questa giornata diocesana e voi sapete che il verbo dice un’azione e allora io vi chiederei di riflettere un attimo su un verbo che io adesso dico all’infinito: condividere. Come lo vivete voi? In che modo e in che tempo? In modo condizionale, indicativo, nel tempo futuro o passato?
Per il verbo “condividere” l’ideale sarebbe la during form inglese: io sto condividendo? E questo vale anche per altri verbi: sto creando, sto costruendo, sto vivendo? Sto facendo tutto questo a partire dalla speranza? Ed allora, e concludo, che cos’è la speranza cristiana?
Abbiamo detto che non è solo l’ottimismo o la capacità di cogliere delle opportunità; non è solo vedere le cose in modo roseo piuttosto che grigio e… allora che cos’è la speranza cristiana?
Vi invito ad andare alla fine del Vangelo di Luca: Gesù va verso Betania con i suoi discepoli, li benedice, si innalza e da quel momento non lo vedranno più (cfr. Lc 24,50-53). E la cosa che ci stupisce di più è che l’evangelista Luca commenta: tornarono a Gerusalemme contenti!
Se io lascio una persona a cui voglio bene e a cui sono legato, generalmente sono triste eppure l’evangelista dice che i discepoli, gli amici di Gesù, lo vedono per l’ultima volta e tornano a Gerusalemme felici perché Gesù è ormai dentro di loro ed ha promesso loro di rimanere: “Io sono con voi”.
La speranza cristiana presuppone anche un atteggiamento di silenzio interiore, di preghiera e non abbiate timore o vergogna di parlare con qualche amico/a con cui potete farlo o in qualche gruppo di condivisione di che cosa è – che cosa significa – il Signore Risorto in mezzo a noi.
Cosa vuol dire andare a scuola alla mattina, affrontare un caldo estivo, vivere un momento difficile in famiglia, affrontare un’ingiustizia scolastica, essere messi magari a lato da qualche bulletto che rende, però, la vita amara ad alcuni (perché tanti non se ne accorgono dei compagni lasciati soli), cosa vuol dire, vivere la speranza in questi momenti ma vivere la speranza anche quando ho la pagella più bella della classe o quando, magari ingiustamente, i professori mi ritengono il o la numero uno (perché sono giudizi umani e potrebbero essere sbagliati)?
La speranza è la libertà interiore, la speranza è non avere padroni, guardare negli occhi gli altri; è non ragionare come ragionano tutti e questa è la cosa, alla vostra età, più difficile anche se è difficile pure alla mia età ed è difficile in ogni ambiente, perché non ragionare come gli altri vuol dire anche, qualche volta, essere messi da parte… Ma forse è meglio potersi guardare allo specchio non vergognandosi e non chiedendosi: sono arrivato ma a prezzo di che cosa?
La speranza cristiana – anche quando le cose vanno bene o vanno male – è l’esame di coscienza, il criterio di verità della mia vita.
Cerchiamo, allora, di coniugare i verbi condividere, creare, costruire e vivere al presente, un presente in fase di crescita e di condivisione: sto creando, sto costruendo, sto vivendo come ragazzo/a e come comunità di speranza.
Risentiamo, allora, le parole del profeta Isaia (cfr. Is 40,30-31): gli adulti cadono e inciampano, anche i giovani faticano e si stancano ma quanti sperano nel Signore mettono ali come le aquile; le aquile volano in alto e non tutti sono capaci di spiccare questo volo.
Vi auguro che riscoprire oggi la speranza vi renda capaci di qualcosa di fronte alla quale gli altri si pongono delle domande.
Buona festa a tutti e sia lodato Gesù Cristo!