Funerali di S. E. Mons. Gianfranco Agostino Gardin
(Cattedrale di Treviso, 28 giugno 2024)
Omelia del Patriarca di Venezia e Presidente della Conferenza Episcopale Triveneto Francesco Moraglia
Carissimi,
siamo riuniti nella Cattedrale – la chiesa madre della Diocesi – per pregare ed affidare alla misericordia del Padre il nostro fratello vescovo Gianfranco Agostino che, per quasi dieci anni, è stato pastore della Chiesa che è in Treviso.
Mi rivolgo innanzitutto al vescovo Michele e, poi, ai confratelli nell’episcopato, ai presbiteri, ai diaconi, alle persone consacrate, ai fedeli laici.
Il gesto semplice della preghiera e la comune fede nella risurrezione ci connotano come la comunità del Signore risorto, come Chiesa. Le cose terrene per gli uomini terminano con la morte, mentre la preghiera e la fede in Gesù, vincitore della morte, superano il piano della storia e approdano all’eternità. La vita della comunità cristiana è innanzitutto eucaristica, ossia annuncio della Pasqua; la vera speranza legata al Battesimo è la sua e nostra Pasqua. Sì, nella speranza siamo stati salvati, come ci ricorda Benedetto XVI – nella sua bella e articolata enciclica dedicata proprio alla speranza – citando l’apostolo Paolo (cfr. Rm 8,24).
Riprendo, di seguito, le parole che il vescovo Gianfranco Agostino scrisse nel testamento spirituale il 14 dicembre 2012: “I giorni che ancora mi rimangono saranno sempre insufficienti, sia per lodare il Signore di tutti i doni da Lui ricevuti, sia per riparare alle mie infedeltà, ai miei egoismi, alla povertà della mia fede e, soprattutto, della mia carità. Confido nella misericordia del Padre, che ho avuto la grazia di riconoscere come colui che circonda di un amore senza limiti la nostra vita nella solidarietà del Figlio, il Signore Gesù, che, pur nella mia miseria, ho cercato di amare e di porre al centro della mia vita fin dalla prima fanciullezza”.
I primi anni del vescovo Gianfranco – nome di battesimo a cui fu poi aggiunto Agostino quando entrò tra i Frati Minori Conventuali – furono anni felici, grazie alla famiglia e in particolare alla madre, donna di grande fede.
Dopo la famiglia naturale venne quella religiosa, la Provincia Patavina di Sant’Antonio, dove a 17 anni emise la professione semplice e, quattro anni dopo, quella solenne. Nell’Ordine sarà chiamato a compiti sempre più delicati e – sono ancora sue parole – “pesanti di responsabilità e accolti per obbedienza”. Dal 1988 al 1995 fu Ministro della Provincia che comprende Triveneto e Lombardia, dal 1995 al 2001 fu Ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali.
Giunse, in seguito, la chiamata all’episcopato; prima con l’incarico di Segretario della Congregazione vaticana per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica e poi con la nomina alla Chiesa di Treviso di cui fu vescovo dal 2010 al 2019.
“Il Signore – leggiamo ancora nel testamento – mi ha infine chiamato a servire la Chiesa di Treviso. È stata la chiamata che ho accolto con maggiore timore e con una intima sensazione di inadeguatezza, anche perché la mia esperienza si era arricchita in altri ambiti della vita della Chiesa. Ho cercato di servire con semplicità, con il desiderio di continuare ad imparare. E in effetti ho molto imparato”.
Cari fratelli e sorelle, il Vangelo che abbiamo appena ascoltato (Gv 14, 1-6) è lo stesso che monsignor Gianfranco Agostino scelse per l’Eucaristia di commiato dalla Diocesi al termine del suo mandato; era il 20 settembre 2019.
In questa stupenda pagina del Vangelo di Giovanni leggiamo uno dei dialoghi più alti di Gesù con i suoi discepoli. Gesù li avverte: la sua “partenza” non deve causare in loro tristezza, anche se dovranno subire ostilità da parte del mondo. Gesù dà loro la possibilità di rimanere in comunione con Dio e fra di loro; insomma, li rende Chiesa e dona loro la luce e la vita necessarie per entrare nel compimento. Risuona una frase veramente consolante: “Vado a prepararvi un posto”.
Gesù, nella sua persona, si pone come “via”, “verità” e “vita”. In quanto Dio Egli è via perché, in sé, è la verità e quindi è via perché è verità. Essere via, per Lui, non è tanto un indicare la verità dall’esterno, come se la verità abitasse al di fuori di Lui; Gesù – perché è la verità e la vita – è la via che conduce al Padre, di cui è “perfetta trasparenza”. Il Vangelo ribalta, quindi, il modo comune di pensare degli uomini che prima guardano alla meta. Gesù, invece, prima dice quale è la strada: è Lui stesso che è via, verità e vita (cfr. Bruno Maggioni, Il racconto di Giovanni, Cittadella Editrice 2016, pp. 275-276).
Il vescovo Gianfranco Agostino rifletteva così su questo testo che, confessava, lo attraeva in modo particolare e ne forniva anche la spiegazione: “Anzitutto perché Gesù ci dice che egli ci prepara un posto nella casa del Padre, per essere anche noi dove è Lui. Io mi sento sempre più interessato a questo tema e si fa sempre più viva per me la preoccupazione di non perdere quel posto. In secondo luogo perché Gesù si dichiara la via, la verità, la vita; chi vede Lui vede il Padre; e chi incontra davvero Lui incontrerà davvero per sempre il Padre. E possiamo aggiungere: incontra anche la verità di se stesso”.
Il motto episcopale che monsignor Gardin aveva scelto è: “Domini pulchritudine correpti” – “Avvinti dalla bellezza del Signore”. Per un vescovo il motto e lo stemma non sono retaggio del passato; esprimono, piuttosto, l’incontrarsi della storia con la profezia, la storia di una persona che s’inscrive nella profezia di Cristo che è senso, fondamento e fine di ogni storia.
Una parte dello stemma si caratterizza per il colore argento, uno “smalto”, simbolo di trasparenza e di verità, richiamo alle virtù che fondano quella spiritualità francescana che segnò la vita di Gianfranco Agostino, frate minore conventuale. Ancora lo stemma propone le spighe (il pane, l’Eucaristia) e il libro (la Parola di Dio) e poi due onde azzurre ad indicare l’acqua; nel concreto i fiumi Piave e Sile, che ricordano il paese in cui il vescovo Gianfranco Agostino ricevette il dono della vita e che attraversano il territorio della Diocesi.
Nel momento del saluto dalla Diocesi, in una sorta di esame di coscienza e ripensando proprio al suo motto (e progetto) episcopale – “Avvinti dalla bellezza del Signore” –, il vescovo Gardin aveva detto: “Mi sarebbe piaciuto aiutare di più a conoscere, a gustare e a farsi illuminare e affascinare da tale bellezza. Ma forse vi sono riuscito poco a causa della mia insufficiente o troppo flebile testimonianza. Ma lasciatemi dirlo per l’ultima volta: Gesù è la salvezza, è Lui la vita, è il maestro, è il compimento di ogni promessa veramente affidabile, è il passaggio decisivo per ogni autentica esperienza cristiana”.
Fratelli e sorelle, fermarsi a riflettere sul mistero della morte a partire dalle parole di chi fu pastore di questa Chiesa è momento di grazia e di crescita ecclesiale. Torniamo allora, di nuovo, al testamento spirituale del vescovo Gianfranco Agostino dove leggiamo anche queste parole: “Affido l’ora della mia morte a Maria, la cui assistenza ho invocato nelle molte migliaia di Ave Maria che ho recitato…. Attendo con desiderio profondo di incontrare il Signore, mèta di ogni mia ricerca e di ogni mio cammino”. Così si affidava alla Misericordia di Dio attraverso l’intercessione materna di Maria, madre di Gesù.
Dio, nella sua misericordia di Padre, accolga l’anima del suo servo – il vescovo Gianfranco Agostino – e noi, con la nostra preghiera, affrettiamo tale incontro.
Alla Chiesa che è in Treviso, ai familiari e a tutti coloro che sono nel dolore, la nostra vicinanza nella fede e nella preghiera che guarda oltre il tempo presente nel cielo luminoso dell’eternità, ossia nel Cristo risorto, unica nostra speranza.